Racconti Passatore 2018

100 km del Passatore.

Non è’ una gara, è’ un viaggio infinito, dove scopri il tuo vero lato del carattere, la tua personalità, dove ti scavi dentro. E’ una prova di coraggio (che inizia nel momento in cui ti iscrivi), di sopravvivenza, di sacrifici, di solitudine, di nausea. Quando al 48’km arrivi al passo della Colle a quota 913 mt trovi una festa meravigliosa, fuochi, falò, gente che suona e canta. Una specie di festival. Poi svalichi ed in quel momento scende la notte e sono quasi 9 ore che corri. Arrivi a Marradi al 65’ km e ti manca quasi una maratona, non riesci a distinguere se è’ più buio ciò che ti circonda o la tua mente. Ci sono le lucciole, tante lucciole, tantissime lucciole, e loro ti guidano lungo una strada che non finisce mai. E’ proprio in quel momento che inizia la 100km del Passatore. Sei da solo ma sogni la gente che a casa ti sta pensando, che si starà chiedendo se sei ancora in gara o se ti sei ritirato. Stai bene e questo ti aiuta anche se la tentazione di mollare tutto e’ forte perché correre non ha più senso. Lungo il percorso trovi persino la nebbia e fa tanto freddo. Poi finalmente arrivi a Brisighella all’88’ km e pensi che ormai è’ fatta…cominci a crederci ma c’e l’ultima prova dove in quegli ultimi 12 km lasci le gambe fino a non sentirle più e dove i piedi si trasformano in vesciche. Diventa difficile anche camminare. Ma devi continuare perché sei lì per quello. Lo hai voluto tu. E se fai in modo di arrivare a Faenza, in quella magica piazza che la rende unica in quella notte di follia che ti segnerà per sempre, stai certo che vivrai un’emozione unica che non ti si cancellerà mai più’ e tutta la fatica ed i sacrifici saranno ripagati. La fatica ci rende persone migliori. Meglio correre il rischio di non farcela che rimpiangere di non aver avuto il coraggio. Partito da Firenze in piazza del duomo sabato 26/05/2018 alle ore 15:00 arrivato alle 04:35 di domenica mattina 27/05/2018 dopo 13h:35’:30” e dopo un viaggio lungo 100km !!! La 100 km del Passatore 2018: IO C’ERO Ora sono un vero ultramaratoneta!!

La mia 100 km del Passatore …. di Claudio Contini

IL RACCONTO CONTINUA………….

Domenica mattina 27/05/2018 all’alba su un treno di ritorno da Faenza, dopo aver corso la 100 km del Passatore, ho tirato fuori alcune belle parole. Ma ero ancora “sbronzo” dall’entusiasmo per l’impresa appena portata a termine, quindi tutto era più facile. Ho tralasciato però dei commenti che vorrei condividere con voi; sarebbe un peccato non farlo, perché il Passatore serve anche a questo, a trasmettere messaggi e sensazioni che nessun’altra prova ti regala. Era qualche anno che sognavo di correre questa 100 km. Solo l’idea di fare metà gara di notte con l’uso di una torcia in testa mi riempiva di carica ed adrenalina. Ma era ancora presto (non era sufficientemente esperto) ed ogni volta che si avvicinava quel week end di fine maggio invidiavo tutti quegli atleti che si erano preparati da tanti mesi e che erano prontissimi per affrontare la grande prova. A me solo l’idea, invece, mi faceva rabbrividire dalla paura e così ogni volta rimandavo. Tutti mi dicevano che avrei dovuto iniziare la preparazione sei mesi prima, già da Novembre. E che avrei dovuto fare tante Maratone, tantissimi lunghi, un’infinità di km. E chi ce l’ha il tempo? Io sono un lavoratore autonomo, ho una famiglia con una moglie e due figli ancora piccoli. Avrei dovuto, come peraltro già faccio, togliere ulteriore tempo a loro per dedicarlo a me stesso, ai miei allenamenti infrasettimanali e soprattutto domenicali.

Il mio consiglio è quello che se, come me sognate di correre una 100 km, non pensateci più di tanto. Non massacratevi di allenamenti che vi faranno solo perdere il vostro passo, il vostro abituale ritmo di corsa che già tenete nelle distanze più corte. Non trasformate il Passatore in un’ossessione dove le domeniche le trascorrete da soli a correre dei lunghi da 60-70-80 km. Certamente fate una fase di avvicinamento dove dovrete correre alcune maratone. Non fate sicuramente come me che negli ultimi mesi, anzi nell’ultimo anno causa infortunio, ne avevo corse solo 2. Io prima di questa prova non avevo mai corso in vita mia più di 42,195 km, e per più di 4 ore. Sabato pomeriggio in quella piazza gremita di atleti, tutti pronti tranne me, mi sentire piccolo, minuscolo. Ero preoccupatissimo prima della partenza. Non mi dimenticherò mai questo mio stato d’animo che mi ha fatto dormire male le tre notti dopo l’inscrizione. Tutti felici tranne me, tremavo dentro, anche se non lo facevo vedere. Questa non è una gara che si improvvisa, ma la preparazione è molto simile a quella di una Maratona. Non siamo dei professionisti, non siamo Zambelli o Calcaterra. “Chi se ne frega” se impiegate 1-2-3 ore in più. Lo ripeto, questa non è una gara dove dovete dimostrare quanto valete, che siete dei veri atleti. Certo, è una sfida molto impegnativa e non va presa sottogamba. E’ però un viaggio meraviglioso che un maratoneta almeno una volta nella vita deve compiere. E’ la New York delle 100 e quindi va fatta!!!

Quello che mi ha insegnato questa esperienza è che, secondo li mio punto di vista, continua ad essere più tosta una Maratona corsa forte che una 100 km corsa piano. Io come già detto non mi ero preparato per niente a questo evento. Mi sono iscritto 3 giorni prima, esattamente il mercoledì sera alle 23:05 dopo aver messo giù il telefono con l’organizzazione, dopo una telefonata di convincimento, che avrebbe permesso l’iscrizione se avessi fatto il bonifico e trasmesso il certificato medico entro la mezzanotte (le iscrizioni erano chiuse già da 10 giorni!!!). Spero tanto che queste mie parole possano convincere molti di voi a prendere coraggio.

Uno speciale ringraziamento va al Triva che si è preso cura di noi Passatori per tutta la notte. Lui è stato GRANDE ed INSOSTITUIBILE. La sua moto che mi affiancava di tanto in tanto in quei momenti DIFFICILI, mi rimarrà insieme a tutto il resto un meraviglioso ricordo indelebile. Io ho fatto 100 km, lui ne ha fatti almeno 300 e forse più, avanti ed indietro per cercarci. Lui alla fine era tanto dispiaciuto per Daniele Mangano, per il suo ritiro, per non averlo assistito abbastanza. Daniele è, e rimane, un grande campione, uno dei migliori che questa Polisportiva abbia mai avuto. Semplicemente l’altra sera non era la sua serata. Si rifarà l’anno prossimo con un tempo che ci lascerà, come fa sempre, senza fiato. Perché lui è questo, fortissimo!!!

Poi devo fare un personale ringraziamento a Tiberio Rambaldi che mi ha insegnato come bisognava correre la prima parte. Io non avevo mai provato a correre così piano, non ci sono abituato, ma questo è un altro sport e va fatto così! Ringrazio Fabio Frignani per i preziosi consigli prima della partenza ed un grazie a sua moglie Simona, una santa donna che dava continuamente notizie a casa sul nostro stato di salute e che era lì al traguardo ad aspettarci, fotografarci ed abbracciarci. Una dedica la faccio alla mia famiglia, soprattutto a mia moglie Silvia che con la sua pazienza sopporta i miei orari di allenamento, le mie lune, i miei dolori, le mie assenze domenicali per le gare, e che in fondo anche se ogni tanto “brontola”, mi asseconda sempre in tutto. Fino all’ultimo fingeva di essere disinteressata poi è’ stata alzata tutta la notte per seguirmi fino alla mattina quando sono entrato in casa e mi ha abbracciato. La dedico ai miei figli che erano molto preoccupati. Spero serva a loro per insegnargli che con la volontà ed i sacrifici si possono realizzare grandi cose!!! Tutto questo senza di loro non sarebbe stato possibile e forse non avrebbe avuto lo stesso sapore.

Infine, grazie a tutti gli amici Passatori ed a quelli che ci hanno seguiti da casa per avere reso questa impresa un ricordo ancora più grande ed indimenticabile in quella notte di FOLLIA che, se arriverai al traguardo, ti segnerà per sempre!!!.

Contini Claudio

 

Il “mio” Passatore. Partendo dalla fine: grazie GIGROBOT.

Lo stesso percorso per tutti coloro che sono partiti, quante diverse chiavi di lettura.  Chi cercava il tempo e la prestazione, il suo personale. Personalmente me ne discosto. Non ho neppure un Garmin o chi per lui. Un viaggio dentro se stessi, alla scoperta di quella parte nascosta e sopita che solo una sana quantità di fatica può far emergere. Sinceramente mi è rimasta “fame”, non sono riuscito a toccare fino in fondo il bambino che è in me. Forse l’ho avvicinato. L’ho sfiorato. L’ho accarezzato. L’umiltà. Questo ti insegna una prova come il Passatore; diceva Enzo Ferrari che il secondo è il primo degli ultimi. Quindi, fino a prova contraria, ovvero di essere di fronte ad un fenomeno, c’è sempre qualcuno che ci starà davanti. La corsa mette a nudo chi sei, nella vita prima che nel gesto atletico. Non ti fa sconti. Raccogli quello che hai seminato prima. La corsa è solidarietà e vicinanza. Fratelli e sorelle di sudore. Non importa parlare, ci si sente. Osservavo le persone davanti a me, di età diverse, con andature diverse e come nel cielo sopra Berlino, mi immaginavo di essere l’Angelo che ascolta quel ronzio soffuso che è la coscienza altrui. Ma non vi dico quello che si dicevano.

La sfida ed il sogno, quel qualcosa che ci eleva. No ai virtuosismi, quelli preferisco lasciarli a chi necessita di autoincensarsi. Un padre che spingeva una carozzina con dentro Anna, di 3 anni che ascoltava Capuccetto Rosso. Il sorriso di Anna mi diceva tanto del suo Papà. Una delle immagini più belle di sempre. Semplice e sostanziale. Ero con Fabio e Giuseppe. Giuseppe l’ho conosciuto in chat nei giorni precedenti alla gara. Un ragazzo delizioso, eroe silenzioso che si è fatto tutta la gara con una caviglia slogata dopo pochi chilometri dalla partenza. Temerario. Fabio. Fabio che al 40° km prima della Colla mi chiede se mi va bene che canti Celentano con i ragazzi della via Gluck, ma il tutto sfuma perchè non gli ho saputo dare la base. E poi. Poi capita quello che un razionale non saprà mai cogliere, quello che non si può descrivere con un algoritmo, ma che succede. Cazzo se succede. Legge di attrazione. Bellezza. Pienezza. E non può essere un caso. No. Troppe sono le evidenze che in vita mia ho vissuto e, statistica alla mano, la frequenza di certi episodi non è più sporadica ma descrive invece un andamento … dopo il 70° km nella notte buia e fluida in un punto imprecisato sul lato sinistro della strada, in un luogo ameno tipo piccola zona industriale, tra due capannoni … un piccolo e brutto baretto con delle casse fuori … e … qualcuno cantava Celentano con i ragazzi della via Gluck. Era buio e Fabio e Giuseppe non lo hanno visto, ma mi sono commosso. Ci siamo dati una pacca sulla spalla.

Mai una crisi, anche se ho imparato dopo che avevo i reni in sofferenza e lo stimolo continuo di fare pipì, peccato che ci riuscissi poco e che il “pippo” bruciasse come se uscisse della lava. Posso dire anche che il “mio” Passatore si è giocato all’insegna della ricerca di una “tazza” … trovata ben tre volte, ma mai onorata. Testa lucidissima, capace di dilazionare in avanti l’impulso a correre. Gestendo. Non sempre tenendo un ritmo costante, ma cercandolo costantemente. E poi infiniti compagni saltuari di percorso, come quella mamma veneta con suo figlio di 17 anni in bicicletta costantemente in mono ruota, grande impennatore. O quella coppia con lui che si strappa il pettorale e lei che lo rincorre fischiando a tutta gola e lanciandogli una bottiglia di acqua dandogli dello stronzo… diceva Vasco “ognuno perso per i cazzi suoi”, in tutti i casi mi è venuto un gran magone … che dose di entropia, come erano fuori posto in quel contesto, per eccesso di sensibilità mi vien male a pensare come fossero sfasati rispetto al luogo ed al momento. Non credo in Dio, ma sarebbe come entrare in una chiesa con una sigaretta accesa in bocca o se fossi donna con una mini inguinale e tacco 12, decisamente di pessimo gusto.

E poi la cosa più seducente, che ancora non ho proprio messo a fuoco ma che intuisco. Giocare a nascondino con la propria testa. Prenderla in giro, ignorandola e scoprendo mille passaggi segreti, risorse nascoste che emergono se le coccoli. Potrei paragonare questa sensazione alla capacità di non cedere al canto delle sirene o meglio di non cedere alle lusinghe delle paure. Tutto dipende ovviamente dalla motivazione, dal significato che attribuisci al’essere lì in quel momento e soprattutto dal saper perdere. Che poi è vincere. Dal saper rinegoziare costantemente con te stesso il dove sei e come ci sei. Dal saper accettare che un percorso così lungo, alla prima esperienza, non può che sembrare enorme e come tale quindi rispettarlo. Senza scorciatoie, semmai scomponendolo in obiettivi intermedi. Quando ho superato il 60° km mi sono trovato nella terra di nessuno. Mai ero andato oltre. Ero emozionato ed incuriosito, ma poi un passo alla volta tutto è venuto in modo naturale e fluido. Prima di partire, Martino, il mio bimbo, indossava una maglia da lui fatta con scritto “Fabri mi fido di te … so che ce la fai” ed io invece indossavo una maglia regalatami da mia Moglie con scritto “Corri, un piede davanti all’altro fino in fondo – sono nel tuo taschino. Eli”. Sempre Martino mi disse mesi fa “Fabri so che il Passatore è il tuo sogno … se non ce la farai lo correrò io per te”. Tante volte, prima delle 15:00 del 26 Maggio, allenandomi avevo immaginato questo momento ed ora che scrivo è compiuto. Saluto allora tutte quelle persone che risiedono nel mio cuore ed a cui nei mesi passato ho dedicato lacrime di commozione e pienezza. A Brisighella mi aspettava Elisabetta che mi ha accompagnato fino all’arrivo; le sono andato in contro con uno scatto e ci siamo baciati. Sarà sempre un caso, ma a meno di un km dall’arrivo, su un ponte, c’era scritto “Fabrizio ti amo”, anche se non lo aveva scritto lei. In cucina oggi c’è un piccolo bocciolo di rosa che ho raccolto e le ho donato quando l’ho incontrata.

Ringraziamo quindi tutti coloro che fan parte delle famiglie dei corridori, che sanno accompagnare i loro cari. Senza il loro supporto credo che tali “imprese” non si potrebbero realizzare.

E poi Michele. Prima, durante e dopo. Il Triva, l’Angelo custode. Il “Mammo”, pulito e gioioso. Presente. Dolce. Accogliente. Disponibile. Silenzioso … il suo ultimo tocco è stato quello di avermi trovato la macchina in una rotonda (non ricordavo dove l’avevo messa). Sul cofano c’era il cartone giallo con la scritta “Polisportiva Saragozza” che prima era sul suo scooter, con tanto di lampeggiante giallo.

E adesso tocca a GIGROBOT: Fabio. Per Fabio occorre spendere due parole a parte. Fabio il gigante buono. Fabio il chiacchierone. Fabio il Papà di Emma. Fabio e Simona, una coppia di nuovi Amici. Fabio, non so quali venti rincorra, ma nel suo essere tutto cinghiale è vero. Pulito. Incandescente. Caratterialmente pregnante. Devo a lui quella sicurezza che mi ha permesso di affrontare il “mio” primo Passatore senza paura. Grazie Fabio … grazie a te me la sono proprio goduta. Sempre li, presente e costante. Solido e sostanziale. Inespugnabile. Poi uomo è e c’ha il suo caratterino, ma leggendo tra le righe, a dispetto delle 14.357 gare disputate (per la cronaca la sua prima ultra l’ha fatta nella pancia della mamma con un personale di 9 mesi, 2 giorni, 5 ore e 4 minuti) è un’anima giovane, ad un occhio non attento può sembrare anarchico e reazionario … ma è l’abbaglio, il raggio di luce che solo l’intensità può donarti. Come unica cosa gli auguro che correndo si (ri)trovi. Io nel frattempo, prendendo a prestito una sua espressione, TROTTERELLO al suo fianco.

Fabrizio Badiali